
FIGHT FOR YOUR RIGHT TO PARTY
La Summer of Love del 1988 e la rivoluzione acid house
19 ottobre 1988, da qualche parte nel Regno Unito. La signora esce di casa e come ogni mattina compra il Sun. In prima pagina, con lo stile pacato che da sempre contraddistingue la stampa popolare britannica, un titolo ammonisce la nazione: “Evil of Ecstasy”. L’opinione pubblica si accorge che fra i giovani sta succedendo qualcosa di grosso, ma non capisce bene di cosa si tratti, e nel dubbio grida allo scandalo. È un voltafaccia repentino, di quelli che ai media riescono benissimo. Basta fare finta di nulla e gridare un po’ più forte. Solo due settimane prima, lo stesso giornale aveva infatti descritto il nuovo movimento dei rave e della acid house come “cool and groovy”, e aveva addirittura messo in giro a prezzo di lancio una linea di magliette con il celebre smiley. Ma il panico funziona meglio, per tutti. Fa vendere più copie innanzitutto, ma ha anche l’effetto di ogni divieto, di ogni proibizionismo anche solo morale: pubblicità gratuita. Tutti i ragazzi ne vogliono, sempre di più. Elementare.
Come sempre, tutto comincia però un po’ prima di quando i giornali se ne accorgono. Soprattutto quei giornali. La storia della acid house e della seconda Summer of Love – ventuno anni dopo la prima, quella del 1967 nella San Francisco dell’utopia hippie – ha inizio verso la fine del 1985 nei sobborghi di Chicago. Per caso, o quasi. Earl “Spanky” Smith porta il suo amico Nathaniel Pierre Jones (per i posteri Dj Pierre) al Music Box, dove un fattissimo dj di nome Ron Hardy ha da qualche anno cominciato a suonare una versione più scarna e ripetitiva della disco, completando la mutazione inaugurata da Frankie Knuckles alla Warehouse. Il genere viene chiamato house, appunto, e i suoi pionieri sono sperimentatori come Jesse Saunders, Jamie Principle, Marshall Jefferson, Larry Heard. Hardy ne è il nuovo profeta: porta la gente dove vuole, la fa gridare e rotolare per terra. Con un registratore a bobine allunga i pezzi all’inverosimile in tempo reale, tratta volume ed equalizzazione come armi, velocizza a dismisura tracce che gli paiono sempre più lente per effetto dell’eroina (che se lo prenderà nel 1991).
Tornati a casa, i due e il terzo amico Herbert “Herb J” Jackson provano a riprodurre la musica che hanno ballato fino allo sfinimento, con una drum machine e qualche tastiera. Ma non succede nulla fino a che Spanky non compra un sintetizzatore Roland 303 di seconda mano, e Pierre non lo accende. Nato per fornire un accompagnamento di basso ai chitarristi solisti, prodotto inizialmente in soli diecimila esemplari e destinato a scomparire dal mercato piuttosto rapidamente come tanti altri flop tecnologici, il 303 (Roland TB-303 Bass Line, per la precisione) diventa in quell’esatto istante uno strumento musicale importante quasi quanto la chitarra elettrica per le sorti della musica popolare. Pierre lo accende infatti, ma non lo sa usare. Ne escono dei suoni sbagliati, roba mai sentita prima che girando un po’ di manopole a caso non solo continua, ma anzi suona sempre più giusta.
I tre ci prendono gusto, e smanettando con sempre più foga mettono insieme un pezzo in un paio d’ore. Lo chiamano In Your Mind, perché quel rumore proprio non se ne va dalla testa, e portano la cassetta a Ron Hardy. “Ron la suonò molto presto – racconta Pierre – con una quarantina di persone nel locale. Poi di nuovo un’ora dopo, svuotando la pista. Verso le tre la suonò per la terza volta e la gente continuò a ballare, pensando che stesse facendo qualcuno dei suoi esperimenti. Ma poi la suonò alle cinque, e la gente impazzì.” Il brano diventa un punto fermo della scaletta, e i seguaci cominciano a chiamarlo Ron Hardy’s Acid Tracks, le tracce acide di Ron Hardy. I tre colgono l’occasione: si battezzano Phuture, accorciano il titolo in Acid Tracks e convocano Jefferson per produrre e mixare (e rallentare…) gli undici minuti e diciassette secondi che iscrivono all’anagrafe il nuovo genere. Con un 12” uscito nel 1987 per la Trax Records nasce ufficialmente la acid house.
Ma non eravamo in Inghilterra? Sì, prima c’è però da fare ancora un salto a Ibiza. È lì che si recano nell’estate del 1987 i dj londinesi Paul Oakenfold, Danny Rampling e Johnny Walker, e il loro amico promoter Nicky Holloway. Sull’isola bianca trovano un collega argentino di nome Alfredo, che sta inserendo la house di Chicago in scalette già felicemente eclettiche, inaugurando quell’attitudine che verrà da lì in poi chiamata balearica. E trovano la Metilendiossimetanfetamina, altrimenti nota come MDMA, o ecstasy. Una droga sintetizzata per la prima volta nel 1912, e classificata come empatogena, da empatia: amplifica le percezioni sensoriali, dà energia, cancella ansia e inibizioni e fa sentire tutti amici. Prima una macchinetta, ora una pastiglia: alla storia si aggiunge un altro attore protagonista, ed è di nuovo senza fattezze umane.
I quattro tornano in patria con una missione: riprodurre quell’atmosfera, applicare la miracolosa unione di musica futuristica e sostanze al mondo del clubbing britannico. Rivoluzionandolo, e rivoluzionando con lui un sacco di altre cose. Rampling apre Shoom, il piccolo locale di Southwark Street dove tutto ha inizio; nella vicina Clink Street comincia una serie di leggendari party semi-legali; Oakenfold crea la serata Spectrum, molla con l’hip hop e si vota ai nuovi suoni. A Manchester, intanto, Mike Pickering e Graeme Park stanno facendo la stessa cosa alla Haçienda, il club aperto nel 1982 dalla Factory di Tony Wilson e finanziato dai New Order.
Per un Regno Unito in pieno crepuscolo thatcheriano, è una scossa di terremoto devastante, e salutare. Che forse non ha eliminato da sola hooliganismo, razzismo e omofobia, né ha reso la società britannica improvvisamente meno repressa e più tollerante, ma ha sicuramente dato un grosso contributo in quella direzione. Assai più grosso di quello dato dalle mille e una sottoculture giovanili precedenti, ognuna raccolta intorno ai suoi simboli e convinta di essere la migliore, o l’unica. “A volte penso – dice lo scrittore Irvine Welsh, autore del bestseller Trainspotting - che si sottovaluti l’impatto sociale dell’acid house. Le sue conseguenze arrivano molto più lontano di quelle del punk, e sono più radicali. Ha cambiato molti nostri atteggiamenti verso il sesso, le razze e le classi nello spazio di una sola generazione. Molte di queste cose erano fossilizzate in Gran Bretagna, e il punk non le aveva cambiate. C’è voluta la musica house, ed è qualcosa che terrò sempre in gran conto.”
La faccina con il sorriso unisce ciò che fino a quel momento era stato diviso in compartimenti stagni, ed è l’ultimo grande sussulto pop collettivo capace di cambiare le vite delle persone. Ecstasy e linee di 303 cancellano seccati di classe, razza e tribù che nella melma degli ’80 parevano insuperabili, i rasta ballano abbracciati agli indie rockers, gli agenti immobiliari agli anarchici, i curvaioli del West Ham a quelli del Chelsea. All’improvviso non importa che dischi si abbiano in casa, come ci si debba vestire e come ci si debba comportare, se si sia arrivati in metropolitana o in Porsche. Contano solo il momento, la scoperta di se stessi e la comunione profonda con gli altri che si hanno intorno.
L’esperienza è completa e totalizzante, il weekend è un traguardo, lo sguardo sul mondo è positivo, finalmente.
La nuova droga diventa diffusa e normale (il classico Last Night a DJ Saved My Life di Brewster e Broughton torna utile come sempre: “Mentre i nostri genitori pensavano che l’ecstasy fosse un gradino sotto l’eroina, noi pensavamo che fosse un gradino sopra la birra”), ed accompagna la nuova musica alla perfezione. Tutti ballano, tutti sorridono. “La mia prima pillola? Avrò avuto venticinque anni – racconta Norman Cook/Fatboy Slim – e stavo uscendo da una brutta depressione. Mia moglie mi aveva lasciato e la mia carriera era in picchiata. Non avevo nemmeno voglia di alzarmi dal letto, stavo male e non avevo nulla da perdere. Quando qualcuno me l’ha offerta ho pensato ‘Ma sì, chi se ne fotte’. Il ritornello di Finally di CeCe Peniston è entrato proprio mentre l’ecstasy ha cominciato a salirmi, e non riuscivo a smettere di sorridere. Il mattino dopo mi faceva male tutta la faccia: non riuscivo a sorridere da sei mesi.”
È quindi la gente il terzo attore protagonista, il principale, ancora una volta senza nome e cognome, senza volto. La musica è ovviamente importante, ma non ci sono idoli da milioni di copie e poster in camera. Qualche dj, al limite, qualche etichetta di 12” ricorrente e qualche nome da classifica come A Guy Called Gerald, che con Voodoo Ray firma nel 1989 la prima hit acid house inglese. C’è un’influenza ancora non percepibile su quello che verrà, soprattutto. Sono gli albori di Madchester, fortunata collisione fra indie-pop e club culture, con Shaun Ryder degli Happy Mondays che si guadagna da vivere vendendo pillole alla Haçienda, e gran parte dei protagonisti della scena che verrà in pista a ballare (e i New Order stessi che in piena Estate dell’Amore, proprio a Ibiza registrano Technique). È in questo momento che cominciano a cadere sul serio le barriere sonore ed ideologiche fra pop-rock e dance, permettendo la nascita ed il successo di gente come Prodigy, Chemical Brothers, Fatboy Slim (noto collezionista di gadget con lo smiley), Underworld, Orbital.
Orbital, proprio come viene chiamata la M25, autostrada che circonda Londra e cintura. È appena dentro o appena fuori il suo tracciato che la Summer Of Love esplode, con i primi caldi del 1988 e con l’allargarsi a dismisura del fenomeno. I club diventano troppo piccoli, e si comincia a far festa fra le pieghe della città, in capannoni abbandonati che sono stati magazzini, studi cinematografici, teatri, fabbriche. Oppure, nei prati. Si occupano i posti per le ore necessarie, dalla sera al giorno dopo, con generatori di corrente e soundsytem. Si passa la voce stando attenti a non diffondere troppi particolari, lasciando numeri di telefono o mappe fotocopiate in punti di ritrovo anonimi, o sfruttando stazioni radio pirata popolarissime come Kiss FM.
Sono i rave, o rave parties, e sono qualcosa di molto diverso dagli incubi nichilisti a base di musica inascoltabile e droghe moleste di oggi, dove nessuno sorride e cadaveri che sfidano la forza di gravità provano a muoversi a tempo davanti alle casse. Tutt’altro: eventi come Sunrise, Biology e Back To The Future sono la celebrazione massima dell’attitudine alla base dell’acid house, e di quanto detto fin qui. Radunano decine di migliaia di persone euforiche in zone temporaneamente autonome (e illegali) che sospendono i contatti con il mondo esterno, e che cessano ben presto di essere tollerate.
“Era un movimento di massa – scrive Sheryl Garratt nel suo Adventures in Wonderland – senza leader, senza un manifesto, senza nessuno scopo reale se non quello di divertirsi alla faccia dell’autorità. Eppure, in un modo vago e tutto suo, era anche qualcosa di più del solo fare soldi, drogarsi e ballare. Dopo la fine dello sciopero dei minatori, nel 1986, la presunta minaccia alla Gran Bretagna rappresentata dai lavoratori e dai sindacati era cessata. C’era bisogno di un nuovo nemico interno, e i giovani sono sempre stati un comodo capro espiatorio.”
Unita e incazzata la gente non lo è più da tempo, ma forse è più pericolosa quando è unita e si diverte, piuttosto che quando è divisa e incazzata. La stampa scandalistica, si è visto, allenta quindi il guinzaglio ai titolisti più fantasiosi e scatena una campagna da caccia alle streghe. La gente legge acid, pensa si tratti di LSD e comunque condanna. Le forze dell’ordine intervengono: nel 1989 nasce la Pay Party Unit del super-sbirro Ken Tappenden, che ingaggia una lotta senza quartiere con i promoter e blocca numerosi rave. I governanti prendono provvedimenti: nel 1990 il Bright Act stabilisce multe fino a ventimila sterline e prigione fino a sei mesi per chiunque organizzi un party senza autorizzazioni. Pochi giorni dopo la sua approvazione, alle 5 di mattina del 19 luglio, la polizia irrompe in un magazzino dalle parti di Leeds dopo tre ore resistenza da parte dei ravers. Con 836 persone in manette (solo 17 delle quali poi denunciate…) quello del party Love Decade è il più grande arresto di massa nella storia del Regno Unito. Rob Tissera, il dj che al microfono aveva gridato di “tenere fuori i bastardi”, si becca tre mesi.
Ma c’è di peggio: proposto nel 1992 ed approvato dopo numerose proteste nel 1994, il Criminal Justice Bill chiude definitivamente la lunga Estate dell’Amore. Si tratta di una legge incredibilmente repressiva, che quasi sopprime un diritto fondamentale ed antichissimo come quello di assemblea, ma che a suo modo certifica la vittoria della sconfitta per l’acid house, confermando anche quanto le strade della ribellione all’ordine costituito non siano sempre così evidenti a occhio nudo. È la prima volta infatti – il privilegio non è mai toccato ai più convenzionalmente ribelli metal e punk, per esempio – che una legge usa acrobazie verbali quasi comiche nel tentativo di definire, e quindi proibire, eventi di uno specifico genere musicale: “Suoni interamente o prevalentemente caratterizzati dall’emissione di una successione di beat ripetitivi”, recita il suo articolo più noto. Ed è favoloso, se ci pensate. Ron Hardy ne sarebbe fiero.
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