LAST NIGHT A DJ SAVED MY LIFE
Raramente i musicisti sono così precisi, e così sinceri. Presentando Andorra, nel 2007, Dan Snaith fece nomi e cognomi: il suo obbiettivo era stato quello di ricreare l'atmosfera di This Will Be Our Year degli Zombies. Non il pop psichedelico inglese degli anni '60, non gli Zombies in generale e nemmeno il mitico Odessey and Oracle, che quella canzone conteneva. Proprio This Will Be Our Year, capace di farlo piangere a ogni ascolto. Quando risponde al telefono, la curiosità è troppo forte: anche Swim - terzo lavoro a nome Caribou del musicista canadese, dopo l'abbandono dello pseudonimo Manitoba - ha riferimenti così circoscritti? “No, non così tanto. Ma è abbastanza ovvio come stavolta abbia ascoltato molta più dance, gente come James Holden o Theo Parrish ad esempio. Non necessariamente le loro produzioni, anche solo i loro DJ set, o quelli di altri. Ho respirato l'aria dei club e della musica da club.”

Dagli Zombies a Theo Parrish, bel salto.
Parrish è un ottimo esempio di eclettismo. Suona ogni mese qui Londra al Plastic People, un piccolo club con un ottimo impianto e un'ottima atmosfera. Arriva da Detroit e suona dalle 10 alle 6, mettendo di tutto e facendo sempre ballare la gente. Nei suoi set puoi davvero vedere il filo conduttore che unisce tutta la dance, quel filo che corre dal jazz al soul, alla disco, alla prima house, alla techno.

Anche tu metti dischi?
Sì, anche se ho preso a farlo con più frequenza soprattutto nell'ultimo anno. Stavo buttando giù i pezzi del nuovo album, e ho pensato che mi sarebbe piaciuto vedere la reazione della gente sentendoli in un club. Così, se avevo DJ set in programma me li portavo e li testavo in pista. Essere in grado di provare una traccia la sera stessa è emozionante, e ti permette naturalmente di aggiustarla strada facendo. Accorciare o allungare determinate parti, lavorare sull'aspetto sonoro, su frequenze troppo alte o strumenti che non rendono come dovrebbero. Una traccia può suonare benissimo a casa, ma fare schifo in un club! Certo se penso ai maestri, a gente come Carl Craig... puoi suonare la loro musica ovunque e non hai mai questo genere di sorprese.

Possiamo quindi dire che hai prodotto Swim con la mentalità del DJ, più che con quella del musicista?
Con entrambe. Ho cominciato pensando di produrre un po' di cose prettamente dance da usare nei miei set, anche senza farle uscire ufficialmente, e il nuovo album di Caribou, che chissà come avrebbe suonato. Due cose totalmente separate. Ma i due flussi di musica che avevo in testa si sono avvicinati sempre di più, fino a quando non sono stato in grado di distinguerli. Le tracce più interessanti erano proprio quelle che non riuscivo a collocare, che cadevano a metà strada. Quelle che si potevano ballare ma suonavano anche come Caribou.

Tipo?
Tutte in un certo senso, ma un buon esempio è Bowls. L'ho imbastita con suoni per nulla associati alla dance: campane tibetane, arpa, flauto. Poi ho cominciato ad aggiungere elementi ritmici, e riascoltandola mi sono accorto che non sarebbe stata male in un club, che la gente avrebbe potuto ballarla. Così ho cominciato a metterla sempre, ed è stata una sorpresa, perchè non l'ho fatta pensando a quello. Molta roba che suono probabilmente non è stata fatta per essere ballata, ma in qualche modo funziona lo stesso. Funziona quasi per caso, ed è un'idea che mi piace molto.

Hai dichiarato che con Swim volevi fare “dance che suonasse come se fosse fatta di acqua, invece che di roba metallica come la maggior parte della dance”...
L'idea originale arriva dalla musica di James Holden. L'ho sentita per la prima volta mentre facevo Andorra, e mi è piaciuta moltissimo. È decisamente dance, ma suona molto organica. È imprevedibile, in un attimo si trasforma in qualcosa di completamente diverso. Con l'ultimo pezzo di Andorra, Niobe, volevo catturare quella sensazione: le cose che crescono e si evolvono, crollano a pezzi e ritornano insieme, il senso di fluidità. Riascoltando il pezzo, l'ultimo a essere scritto e registrato in quelle sessioni, mi sono reso conto di come ci fosse ancora molto da fare con quell'idea, e mi è sembrato un luogo logico da cui partire per il nuovo album. In pezzi come Kaili o Jamelia, ad esempio, non riesci mai a fissarti su nessun suono, senti qualcosa che arriva e subito scompare, o si trasforma in qualcos'altro. Tutti i suoni sono come onde, che sbattono fra di loro e ricadono nella musica.

Noto una maggiore attenzione al dettaglio rispetto al passato, una maggiore nitidezza sonora.
Nel disco precedente mi sono concentrato sulla composizione e sugli arrangiamenti. Stavolta soprattutto sul lato produttivo e sonoro. In questo senso la dance è molto stimolante: è puro sonoro, la gente la ascolta a volume incredibilmente alto su impianti buonissimi. Suonare nei club e ascoltare sempre più musica dance mi ha fatto pensare a questo aspetto, ai dettagli e ai particolari del mix, a farli risaltare esattamente come volevo.

Ci saranno remix di brani di Swim?
Ho appena ricevuto quelli di Odessa da Nite Jewel, una produttrice lo-fi disco di Los Angeles, e Junior Boys. Conosco Jeremy Greenspan dalle superiori, è un produttore e songwriter eccezionale, e ha anche mixato più o meno metà dell'album (registrato tutto in casa da Snaith stesso, e mixato per l'altra metà dal gallese David Wrench, cantante in proprio oltre che collaboratore di Julian Cope – ndr). Non sono gli unici remix in arrivo comunque. Ho provato a beccare Parrish, ma non ci sono riuscito. Ne ho parlato con Holden, e spero che la cosa vada in porto. Gli altri li tengo segreti, nel caso non se ne faccia nulla. Un'altra delle cose interessanti riguardo alla direzione che Swim ha preso è che ci sono un sacco di produttori dance con cui mi piacerebbe avere questo tipo di interazione.

Fai anche remix di materiale altrui?
Di nuovo, non so se posso parlarne... sto lavorando su un paio di cose, ma forse non verranno mai usate! Quando lo faccio di solito è per amici, non me lo chiedono in molti, la gente non pensa a me in quel tipo di contesto. Forse cominceranno con questo disco, chissà. Il fatto è che lavoro molto lentamente, e già mi sento sempre indietro e in ritardo con le mie cose...

Un nome che non è ancora uscito è quello del tuo amico Kieran Hebden: arrivate da cose molto diverse, ma è come se con i vostri ultimi album vi siate trovati su un terreno comune, per atmosfera e umore.
Se la mia musica ha cominciato ad essere pubblicata è grazie a Kieran, è stato lui a mettermi in contatto la Leaf. Gli avevo dato un demo delle mie prime canzoni, non potevo credere che qualcuno stesse facendo musica così bella. Da allora siamo molto amici, e non ho mai incontrato nessuno con gusti musicali così simili ai miei. È quasi spaventoso: se qualcosa gli piace, è quasi inevitabile che piaccia pure a me, e viceversa. È vero, abbiamo fatto musica molto diversa in passato, paragona per esempio Andorra al suo album con Steve Reid. Di solito io sono in tour e lui pure, e non siamo mai nello stesso posto nello stesso momento, ma nell'ultimo anno siamo entrambi stati molto a casa. Lui ha fatto il DJ più spesso, io pure; lui ha suonato i miei pezzi, io i suoi; lui è sempre il primo ad ascoltare la mia musica, io la sua. Siamo stati sulla stessa lunghezza d'onda, abbiamo dialogato sulla musica che stavamo producendo.

Entrambi i dischi suonano più sereni delle vostre cose passate.
È divertente, e interessante, perchè la gente mi dice sempre cose diverse riguardo la mia musica. Per qualcuno è in un modo, per altri il contrario. Ma la musica che più mi piace è ambigua, simultaneamente euforica e malinconica. Le canzoni degli Zombies sono esempi eccezionali, e molta altra grande musica pop ha questa qualità: essere più cose contemporaneamente.

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