PSYCHOTIC REACTION!
L'irresistibile corsa degli Horrors fra Nuggets e Vogue
“Si tratta di uno dei dischi più estremi che la nostra etichetta abbia mai pubblicato, e che probabilmente mai pubblicherà. Ci sono membri del gruppo che trapanano chitarre, batterie fatte passare al contrario su vecchi effetti a nastro… è un disco davvero estremo, e dal punto di vista dei testi è altrettanto estremo, molto out there. È intensissimo, e per me vale dischi storici come Junkyard dei Birthday Party e Fire of Love dei Gun Club. È meglio del primo dei Cramps. È fantastico. Se lo paragoniamo a tutto il resto che viene pubbicato adesso nel Regno Unito, non c'è letteralmente nulla di simile.” Non usa certo mezzi termini James Oldham quando gli si chiede un parere sul primo attesissimo album degli Horrors, in uscita il prossimo 5 marzo.
Chi è James Oldham? Il loro discografico. Ehm. Ok, il conflitto di interessi è lampante, ma cerchiamo di non fare sempre gli italiani e consideriamo una serie di cose: intanto, l'uomo è stato per sette anni una penna importante del New Musical Express, ed ha contribuito all'affermazione planetaria della testata come bibbia di ciò che va e ciò che non va. Bibbia sempre più interessata al fumo e sempre meno all'arrosto, vero, ma il nostro James ne sa e più avanti ve ne accorgerete. Poi: non è il solo ad aver espresso pubblico apprezzamento per il quintetto, Bobby Gillespie e Jarvis Cocker gli ultimi in ordine di tempo. Poi: ci proveremo, ma difficilmente la storia che qui raccontiamo, come il 99% delle storie musicali con la vecchia Albione come sfondo, può essere separata dal suo riverbero mediatico. E ultimo ma non ultimo: gli Horrors li abbiamo sentiti, e sono seicentosessantasei volte più eccitanti dei Guillemots o degli Snow Patrol. “Amo tutti e tre gli album che cita James. Ma comunque, non stiamo cercando di paragonarci a nessuna altra band in particolare. Penso che gli album classici diventino classici soltanto col tempo. Ci renderemo conto di quello che abbiamo conseguito soltanto fra dieci anni, guardando indietro.” La prende un po' da vecchio saggio e un po' da ventenne così sicuro di sè da non capire del tutto la domanda Faris Rotter, che ventenne lo è per davvero e degli Horrors è il cantante e il portavoce. I suoi soci si chiamano Tomethy Furse, Joshua Von Grimm, Coffin Joe e Spider Webb. Tutti sotto pseudonimo, lo si era intuito, e tutti intorno ai vent'anni. Tutti vestiti di nero, con i capelli neri - a caschetto o sparati in aria alla Robert Smith (dio che paragone passé …) - e magri di quella magrezza spettrale che per qualche misterioso motivo è da un po' di tempo in qua sinonimo di rock'n'roll (e il sovrappeso di cosa è sinonimo? Di house?).
Con solo tre singoletti in un anno scarso, e una serie di concerti assai chiacchierati, hanno guadagnato seguaci e copertine, facendo gridare al miracolo all'unisono gli amanti del rock più scuro e destabilizzante e i redattori delle riviste di moda. Sheena Is a Parasite, il primo della serie, è una mazzata da centocinque secondi che appare nei negozi a marzo: basso fuzz scalpitante, bordate di organo Vox, urla post-punk, feedback e arroganza a pacchi da sei. I Ramones evocati dal titolo al confronto sembrerebbero gli Abba, e sul retro un classico del repertorio di Link Wray come Jack the Ripper riceve analogo trattamento. Passione per il rock'n'roll più selvaggio e per il garage-punk dei '60 che ritorna quattro mesi dopo: il retro del secondo singolo è una cover ulteriormente devastata della già di per se delirante Crawdaddy Simone , lato b anche nel 1965 per i Syndicats, oscuri alfieri dell'r&b britannico prodotti dal mago Joe Meek. In Death at the Chapel invece sembra di sentire i Fuzztones di Lysergic Emanations mandati a 45 giri, meno di due minuti e anche qui è tutto finito. E sapete come si intitola il terzo furioso singolo, uscito a ottobre? Count in Fives , tanto per restare in zona Nuggets e citare una band quintessenziale del genere come i Count Five. Il punk di metà anni Sessanta che diventa la cosa più in voga nell'Inghilterra del 2007. Chi l'avrebbe detto? “Dal vivo suonavamo anche The Witch dei Sonics – continua Faris - e la nostra A Knife in Their Eyes è un adattamento di Higgle-Dy Piggle-Dy dei Monks. Una cosa che abbiamo tutti in comune è il desiderio di scavare e cercare più a fondo della maggior parte della gente per trovare dischi che ci piacciono. Spendiamo più o meno tutti i nostri soldi in dischi, specialmente 7”! È come una dipendenza, ma non una della quale ci dispiaccia soffrire.”
Non è comunque il garage l'unico ingrediente legato al passato nella ricetta degli Horrors, il loro suono dice di una serie di riferimenti nella storia del rock'n'roll più ribelle, ed è lo stesso cantante a dipanarne il filo rosso: “Sono i gruppi che hanno abbracciato il vero spirito del punk, anche prima che punk fosse un termine codificato. Energia grezza e passione, e la volontà di esplorare. Musicisti come Robert Johnson, Tom Waits, Seeds, Joe Meek, Shangri-Las, Jesus And Mary Chain, Richard Hell, Pop Group, PIL, Joy Division.” Esistessero davvero le macchine del tempo, dove e quando si catapulterebbe il nostro Faris? “Sono sicuro che ciascun membro della band sceglierebbe una cosa diversa, ma per me è sicuramente la New York della no-wave. Penso che l'ambiente creativo e la comunità che esistevano allora fossero unici, almeno secondo quanto ho letto di quel periodo e dei suoi protagonisti. E sicuramente a giudicare dalle testimonianze sonore che ho ascoltato. Tra tutti i nomi dell'epoca, e ce ne sono davvero molti, Lydia Lunch e i Mars sono i miei preferiti. Lydia Lunch ha lavorato con tantissimi grandi musicisti lungo tutta la sua carriera: Birthday Party, Rowland S. Howard, Shock Headed Peters , James Chance… e per quanto riguarda i Mars, sono stati un'ispirazione enorme per gruppi come i Sonic Youth, producendo un rumore tanto innovativo quanto a tratti annichilente.”
Giovane ma già ben documentato, quindi. Il primo primo contatto con il rock? La prima volta che il giovane Faris ha visto o sentito qualcuno e ha detto “voglio essere così!”? “Non mi è mai capitato di vedere qualcuno e decidere di essere come lui. Ma ci sono artisti come i Fall, ad esempio, che hanno sempre mantenuto una particolare integrità creativa, e per questo li rispetto moltissimo. Quando ero piccolissimo, tipo tre o quattro anni, ascoltavo comunque molto le cassette dei Beatles.” Quindici o sedici anni dopo, nell'estate del 2005, ecco che a Southend-on-Sea (costa sud-est inglese, dalle parti dell'estuario del Tamigi) nascono gli Horrors. “Abbiamo tutti intorno ai vent'anni. Joshua ed io lavoravamo da un macellaio, Joe e Tom lavoravano in un mattatoio. I nostri sentieri prima o poi si sono incrociati, e ci siamo raccolti intorno al Junk Club, del quale Spider era uno dei gestori (insieme a un altro pseudonimo di gran lusso come Oliver Von Blitzkrieg – ndr) . Abbiamo realizzato come ad unirci fosse la passione per la musica, ed è stato immediatamente evidente come ci fossero tutti i membri necessari e al posto giusto per formare una band. Ci siamo anche resi conto di quanto le nostre influenze fossero significativamente più vaste di quelle della maggior parte dei gruppi in giro, e di come con tutta probabilità avremmo finito per suonare decisamente unici nel clima musicale attuale.”
Detto fatto: due settimane ed arriva il primo concerto (“Cosa ricordo? Suonammo cinque canzoni, fu una cosa molto breve. Sapevamo a malapena suonare i nostri strumenti, io me ne sono stato completamente fermo per tutto il tempo”). La fama di questi cinque scheletri con i capelli enormi, conciati come un incrocio fra i Music Machine e una cricca di goth con nostalgie vittoriane, cresce quindi a vista d'occhio: prima se ne accorgono riviste di culto come Artrocker e Vice, poi arriva il succitato NME ed è fatta. Un altro gruppo inglese che arriva all'idolatria senza il tempo di passare dal via, o quasi: quante decine di storie del genere ricordiamo? E qui si ritorna alla natura stessa di una scena come quella britannica, e all'impossibilità di slegare la storia dal suo aspetto mediatico, tanto più se il tuo discografico è uno che sul media musicale inglese per eccellenza ha scritto per sette anni. Intanto, passa totalmente inosservato il fatto che un gruppo con lo stesso nome esiste già, e nemmeno distante musicalmente da questo. Sta nell'Iowa ed ha all'attivo due album per la californiana In The Red, sulla quale per inciso anche questi Horrors starebbero benone. Ma che volete che siano tre ubriaconi zozzi di Cedar Rapids?
Degli Horrors inglesi, ora trasferitisi nell'est londinese di Whitechapel, cominciano invece a parlare un po' tutti. Molti dei quali spendendo più tempo a descrivere I loro capelli, i loro abiti e le loro abitudini piuttosto di concentrarsi - e qui torniamo pure con gioia a fare gli italiani - sulla musica. Nutrendo quindi il luogo comune che la band stessa sia più interessata ai primi che alla seconda, e lanciandosi in una serie di disquisizioni interessantissime sulla presunta faida da scuole medie con i Fratellis nata durante il Rock And Roll Riot Tour dell'NME lo scorso ottobre (loro che li snobbano, Faris che allora danneggia la loro batteria e immerge le mani nella vernice nera prima di stringere quelle dei “rivali”), o sul tipo che ha aggredito Faris per strada gridandogli “Are you a boy or are you a girl?” (da non crederci: stesso titolo di un pezzo dei Barbarians, quarto cd del primo cofanetto Nuggets . Che fosse tutto preparato?). Parlando da musicisti che scrivono canzoni e ricercano un suono, non capita mai che Faris e i suoi compagni si trovino a pensare “Cazzo, ma non possono limitarsi a parlare della nostra musica?”? Non è un po' deludente quando la gente presta più attenzione al look, ai capelli, a quello che hai detto al cantante della band presunta rivale e alla cazzata che hai fatto quella volta sul palco? Lo studente in pausa dell'immancabile Saint Martin's College of Art and Design va prevedibilmente sulla difensiva: “È una cosa alla quale non pensiamo, davvero. Certo, ci dà fastidio, ma la stampa continuerà a scrivere comunque quello che le pare, e quello che fa vendere i giornali. Non siamo un gruppo sensazionalista che cerca di attirare l'attenzione mettendosi nei guai o causandone. E non ci interessa più cosa dicono di noi i media, abbiamo passato quel punto.”
Tanto che il media una volta se lo sono pure creati da soli: durante il suddetto tour i cinque distribuivano una fanzine autoprodotta intitolata Horror Asparagus Stories. Il contenuto? Un “Dalla A alla Z” di gruppi scelti da Spider, un “Come distorcere i tuoi effetti a pedale” scritto da Joshua (peraltro recentemente arrivato alla laurea breve in Fisica, e costruttore di tutti i suoi effetti), un “Come farsi i propri jeans aderenti a sigaretta” scritto da Coffin Joe, una guida alle band contenute nel cd omaggio dell'NME scritta da Tomethy e dei disegni di Faris. Roba superiore alla media, decisamente, in una scena in cui - a meno che i tour manager non abbiano cominciato a sciogliere guaranà nelle bevande - vedi certi gruppi e hai l'impressione che abbiano a malapena voglia di accendere gli amplificatori. Degli Horrors ancora non possiamo dire, ma le cronache raccontano di concerti tutt'altro che sonnolenti. Botte caotiche da dieci o quindici minuti dove più o meno succede di tutto, premeditato o meno. E insieme alle cose serie (“Suonare i pezzi di fronte a un pubblico è il miglior modo per imparare come è meglio suonarli. Ed è anche il modo in cui si costruisce una forte dinamica di gruppo. Ma soprattutto, suonare dal vivo è la cosa che preferisco dell'essere in un gruppo”) vengono fuori nei racconti di Faris anche i momenti meno ortodossi (“Uno dei concerti più strani è stato quello che abbiamo fatto per una festa di Vice, la rivista. C'erano piante vicino al palco e sono state divelte dal pubblico. Tutti hanno cominciato a tirarsi le piante addosso, una mi ha pure colpito in testa e alla fine tutti i presenti erano ricoperti di terra!”).
E qui il paragone spesso sentito in giro con i primi selvaticissimi Jesus And Mary Chain suona appropriato, almeno in prima battuta. Anche allora si trattava di ventenni vestiti di nero dalla tecnica rudimentale, che in un quarto d'ora mettevano a ferro e fuoco il locale, scatenavano risse e seppellivano tutto e tutti sotto una camionata di feedback e melodie malate. Occhio però: nel 1984 i Jesus And Mary Chain erano il contrario esatto del mainstream, e anche con il mainstream del sottosuolo non ci azzeccavano moltissimo. Erano alieni drogati senza tetto nè legge, le riviste di moda non li avrebbero toccati nemmeno con un forcone lungo due metri e più o meno tutti reagirono all'ascolto con un “E questi da dove cazzo saltano fuori?”, mentre loro rivoltavano il rock dalle fondamenta suonando come nessun altro. Gli Horrors, non ce ne vorranno, sono ottimi interpreti di un suono, o di più suoni limitrofi. Sono adrenalinici, selvaggi, competenti e creativi, ma per ora non rivoltano molto. Forse perchè non è rimasto molto da rivoltare, o tutto è rivoltato in continuazione e nessuno è alieno? Quanto tempo è che non reagiamo con un “E questi da dove cazzo saltano fuori?” come quello là, Antony escluso? Nel 2007 il mainstream del sottosuolo sembra fatto apposta per la venuta di Faris Rotter, e quello vero non sembra nemmeno così schifato. La seconda posizione nella Cool List 2006 del solito NME e la recente copertina di L'Uomo Vogue, in questo senso, parlano chiaro. Ve li vedete i fratelli Jim e William Reid sulla stessa copertina, nel 1984? Per dirla più terra terra e ripetere un concetto già sviscerato, insomma, i Jesus And Mary Chain erano gli sfigati della scuola, gli Horrors sono i fighi. Ed è un po' più facile. Ma per gli illustri predecessori hanno parole di riverenza, dopo averli già celebrati nel filo rosso di cui sopra: “I Jesus And Mary Chain erano estremamente innovativi ed originali, ed è quindi molto lusinghiero essere paragonati a loro. Penso che il parallelo ci possa stare, in una certa misura, se parliamo dell'energia e della distruttività.”
E il loro Psychocandy, come procede? “Non ha ancora un titolo. Abbiamo finito di registrarlo e al momento stiamo finendo il mastering. L'essere in uno studio per un periodo più lungo del solito ci ha permesso di sperimentare su tipi diversi di canzoni. Un album ha ovviamente bisogno di una varietà di idee maggiore, e ci saranno canzoni sul nuovo disco che potranno sorprendere qualcuno. La mia preferita è probabilmente Draw Japan: nessuno al di fuori del nostro giro l'ha ancora sentita, ha dei suoni di organo davvero molto violenti.” La grande rete aggiunge particolari e indiscrezioni: tra i probabili dieci titoli in scaletta vengono annunciati anche She's the New Thing, Sister Leonella, Gloves, Little Victories e Horrors Theme, oltre ad Excellent Choice (già su un ep per il mercato americano) e Sheena Is A Parasite, e ad una nuova versione di Jack the Ripper. Tre i produttori: Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs, Jim Sclavunos dei Bad Seeds e il quotato Ben Hillier (Doves, Elbow e Futureheads tra i clienti). Il sito della Loog, etichetta della band, cita però solo quest'ultimo, e in attesa di risolvere il piccolo mistero Faris ci dice che “Ben è estrememente creativo, ed ha una sorprendente serie di sintetizzatori, pedali ed effetti che abbiamo usato per produrre un po' di rumori strani.”
Il compagno di etichetta Patrick Wolf invece, anche lui con un album di imminente uscita? Piace? “La gran cosa di Patrick Wolf è che è assolutamente unico. Dal punto di vista creativo, dovrebbe esserci più gente come lui che fa musica. Altri che mi piacciono al momento in Inghilterra sono Guillotines, Kreeps, These New Puritans e Xerox Teens. Di fuori, il mio gruppo preferito al momento sono i Serena-Maneesh. Incredibili.”
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