LIARS
Drum’s Not Dead CD
Psichedelici, mentali, infantili, angelici, mostruosi. Sono dei Liars nuovamente nuovi quelli che illuminano l’anno appena nato con un terzo album come Drum’s Not Dead. Rivoltato il funk prima e meglio di quasi tutti, celebrato il suo rigetto come animali selvatici soli al mondo, i tre riemergono con un’altra faccia ancora: quella di chi non ha smesso di evolversi, viaggiare, cambiare pelle. Riemergono dalla vecchia Europa (ultimo domicilio conosciuto Berlino) portando in dote il loro lavoro più accessibile, se mai il termine possa essere usato per i Liars. Un concept poderoso (cd audio più dvd con tre versioni video dell’intero album firmate dai bugiardi Angus Andrew e Julian Gross, e dal regista tedesco Markus Wambsganss) imperniato sui personaggi complementari di Drum e Mt. Heart Attack: azione e reazione, produttività e stress, confidenza e dubbio. Il quarto membro del gruppo, data l’importanza sempre maggiore dell’elemento percussivo in forma di doppia batteria. E il quinto, chiaro.
Un disco nel quale il caos che dal vivo conquista molti, ma che pare sempre lì per diventare solo teatro - con con quei due vestiti da donna e l’altro piegato su tamburi e distorsori, mentre intorno fischia tutto -, assume una fisionomia ben precisa. Un terzo disco certo più vicino al secondo che al primo, ma che prende il respiro e lascia parlare gli spazi senza riempirli tutti con la bava alla bocca. Ancora ossessivo, ci mancherebbe, ma guidato da un lirismo onirico e quasi sereno che spiazza (spacciatene qualche momento per il nuovo Radiohead, e vedete che succede).
Angus non è più il lupo mannaro che fugge il caos di New York e trova rifugio nei boschi, ma un chierichetto andato a male che vaga per le strade che furono degli Einstürzende Neubauten in cerca di una nuova salvezza. Fatta di melodie nate sulla chitarra acustica e gettate nel magma di suoni e rischio tipico della band: soul industriale da trance (Let’s Not WrestleMt. Heart Attack) o semplicemente glaciale (Be Quiet, Mt. Heart Attack!), dub dell’altro mondo (A Visit from Drum, It’s All Blooming NowMt. Heart Attack ) e mantra pronti per il remix (It Fit When I Was a Kid), drones impalpabili (To Hold You Down) e attimi di tensione (Hold You Drum, Drum and the Uncomfortable Can). E ancora scuri flash di Americana mutante molto Castanets (Drum Gets a Glimpse, The Wrong Mt. Heart Attack!), e una ballata che quasi non ci si crede (The Other Side of Mt. Heart Attack) a chiudere come “40” chiudeva i concerti degli U2. Con Angus che ripete “Se hai bisogno di me/puoi trovarmi sempre”, su coretti celestiali. Tutti a casa, ovunque essa sia oggi, per mano.
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